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Imprese italiane e diritti umani: le indicazioni nel rapporto commissionato da OCSE e MISE alla Scuola Superiore Sant'Anna

Publication date: 13.11.2013
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Lo Stato Italiano deve compiere passi importanti per garantire il pieno rispetto dei diritti umani da parte delle imprese italiane ovunque esse operino e delle imprese straniere con stabilimenti sul territorio nazionale. L’Italia continua a essere uno dei pochissimi paesi dell’Unione Europea a non avere una struttura istituzionale adeguata per promuovere e per tutelare il rispetto dei diritti umani contro eventuali abusi imprenditoriali. E se la legislazione riconosce la responsabilità diretta delle aziende che non promuovono una cultura d’impresa responsabile per gli abusi commessi dai propri dipendenti, è stata avanzata al Governo la richiesta di sollecitare una maggiore attenzione alla garanzia dei diritti umani per le aziende che le sono più vicine, come quelle partecipate o che aggiudicatarie di appalti pubblici.

Queste sono solo alcune delle indicazioni contenute nel rapporto “Imprese e diritti umani: il caso Italia”, presentato mercoledì 13 novembre a Montecitorio da Damiano de Felice, dottorando alla London School of Economics e ricercatore affiliato alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, a nome del gruppo di ricerca che ha redatto il rapporto. Hanno commentato i dati, tra gli altri, il vice ministro degli esteri Lapo Pistelli, il sottosegretario dello sviluppo economico Claudio De Vincenti, il presidente dell'autorità per la vigilianza dei contratti pubblici Sergio Santoro, l’amministratore delegato della Sace Alessandro Castellano, il senatore membro della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani Francesco Palermo. Per la Scuola Superiore Sant’Anna è intervenuto Marco Frey, direttore dell’Istituto di Management.

Per rispondere alle sfide sociali in seguito ai recenti processi di globalizzazione e privatizzazione, nel 2011 il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha adottato il documento intitolato “Principi guida su imprese e diritti umani”, definendo un insieme di regole di comportamento in materia di diritti umani sia per le imprese sia per gli Stati che hanno il compito di controllarle. Dopo che la Commissione Europea ha invitato in maniera formale tutti gli Stati membri dell’Unione Europea a predisporre il piano d’azione nazionale per dare attuazione ai principi guida, il Punto di contatto nazionale Ocse, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, ha commissionato all’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna la realizzazione di uno studio ricognitivo per esaminare la rispondenza del quadro normativo e istituzionale italiano rispetto ai nuovi standard internazionali, per esaminarne i punti di forza e di debolezza, per elaborare raccomandazioni sugli ulteriori passi da compiere.

I ricercatori che hanno redatto il rapporto (Damiano de Felice, Claudia Cinelli, Chiara Macchi) riconoscono alcuni passi significativi fatti dall’Italia per garantire la protezione contro potenziali abusi imprenditoriali: “Con il decreto legislativo 231/2001 è stata riconosciuta la responsabilità diretta delle aziende che non promuovono una cultura d’impresa responsabile nel caso di abusi commessi dai propri dipendenti. In aggiunta, con la legge 120/2011 le società quotate in borsa devono riservare almeno un terzo del consiglio di amministrazione al genere meno rappresentato”. Questo non è però abbastanza. “Il rapporto”, hanno continuato i ricercatori, “contiene numerosi esempi di passi ulteriori che il Governo italiano dovrebbe includere nel ‘piano d’azione nazionale’ di prossima adozione. L’Italia è uno dei pochissimi paesi dell’Unione Europea a non avere un’Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, organismo che svolge un ruolo fondamentale per promuovere e per tutelare i diritti umani contro gli abusi imprenditoriali. Il Governo non si è poi impegnato pubblicamente a richiedere il rispetto dei diritti umani alle imprese che gli sono più vicine: le imprese partecipate, quelle aggiudicatrici di appalti pubblici e quelle che ricevono supporto dalla Sace, l’agenzie di credito all’esportazione Italiana”.

Prendendo spunto da un capitolo del rapporto dedicato in maniera specifica ai lavoratori migranti irregolari, la direttrice campagne e ricerca di Amnesty International Italia Giusy D'Alconzo, ha sottolineato che “la legislazione italiana, e in particolare la criminalizzazione dell'immigrazione irregolare, pone i lavoratori migranti nella condizione di non poter chiedere giustizia, perché se denunciano lo sfruttamento rischiano di essere fermati ed espulsi a causa del loro status irregolare”.

Raffaele Baldassarre, membro del parlamento europeo, ha confermato la raccomandazione inclusa nel rapporto: “il Governo italiano dovrebbe seguire l’esempio di altre giurisdizioni europee e presentare una proposta di legge che introduca l’obbligo per le imprese italiane più grandi di rendicontare le proprie politiche sull'ambiente, sui diritti umani, sul personale e sulla lotta alla corruzione”.

“Avendo ratificato la Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza nel 1991, il Governo Italiano gioca un ruolo fondamentale nella promozione e tutela dei diritti dell’infanzia nella business community si a livello nazionale sia internazionale” ha affermato il direttore generale Unicef Italia Davide Usai. “Affinché vengano rispettati i diritti dei bambini” continua Usai “è fondamentale che nella stesura del Piano d’Azione nazionale sulle imprese e i diritti umani siano prese in considerazione le linee guida che tutelano i diritti dell’infanzia nel sistema impresa, quali i Children’s Rights and Business Principles e le raccomandazioni incluse nel Commento Generale n.16 alla Convenzione sui diritti dell’infanzia ”

La presentazione del rapporto ha ricevuto riconoscimenti anche a livello internazionale. Pavel Sulyandziga, chairperson-rapporteur del gruppo di lavoro Onu su imprese e diritti umani, ha commentato che “il Gruppo di Lavoro accoglie con piacere gli sforzi del governo italiano nel concludere un primo studio preliminare sulle politiche e le norme rilevanti in tema di imprese e diritti umani, così come i passi che sta compiendo verso la formulazione di un piano d’azione nazionale”.